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“Name and shame”

Pubblico il tuo nome e ti svergogno.
“Name and shame”, questo il nome in gergo dell’usanza diffusa nella maggior parte dei
Paesi di cultura anglosassone, di diffondere online i nomi degli evasori siano essere persone
fisiche o giuridiche.
In questo modo chiunque, e in ogni momento, può sapere chi sono i furbetti: un meccanismo
pensato per generare disapprovazione sociale nei confronti degli evasori, che sarebbero portati
così a onorare i propri debiti col fisco.
Il Sole 24 spiega che il Paese Ue più combattivo nell’uso del “name and shame” è l’Irlanda,
che lo utilizza dal 1997 e, ogni tre anni, aggiorna l’elenco dei “mostri” sbattuti in prima pagina.
Quindi Regno Unito (la lista dei “cattivi” è curata direttamente dall’agenzia fiscale di Sua
Maestà) e una sfilza di Stati dell’est: Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca, Bulgaria,
Romania, Croazia e Slovenia.
Ma ci sono anche le tre repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia e Lituania) e, un po’ a
sorpresa, anche diversi Paesi dell’area mediterranea, a partire da Spagna e Portogallo.
Mentre in Francia è stata approvata una legge che impone la pubblicazione dei nomi dei
condannati per evasione: non esattamente la stessa cosa.
Rimanendo nella parte più meridionale del vecchio continente, ci sono anche la Grecia
(almeno fino al 2014) e Malta.
Per quanto riguarda l’Italia, il Governo, sul decreto trasparenza, sta adottando la formula del
“name and shame” creando un meccanismo mediatico che premi chi applica prezzi corretti e
disincentivi chi applica prezzi eccessivi”.


Mi spiego meglio: la commissione di sorveglianza prezzi composta dalla guardia di finanza e
dall’ antitrust è la più attenta che si possa avere e non lascia dubbi.
Invece la determinazione del prezzo medio ministeriale e la sua procedura di pubblicazione
(cartello giornaliero applicato sugli impianti) ha del perché rischia di
spostare il mirino dell’accusa dell’eventuale speculatore ad un esercente che non ha nessuna
colpa se non quella di creare un proprio margine di sopravvivenza sul suo sito, (per chiarire, ci
sono gestori che fanno parte di alcune associazioni di categoria firmatari di accordi commerciali
che hanno l’obbligo di rispettare il prezzo massimo imposto dalle compagnie stesse e si possono
definire solo come esecutori materiali di un prezzo non stabilito da loro, punto anche questo da
chiarire in base alla normativa sulla concorrenza e sull’abuso di dipendenza economica).
Invece, questo strumento potrebbe essere utilissimo, di più facile applicazione e più
efficace, visto il numero molto esiguo delle compagnie, nella comparazione dei prezzi tra
quelli medi determinati dal ministero e quello di cessione che le compagnie petrolifere tutte
rivendono ai propri gestori.
In questo modo non solo si evince l’eventuale differenza tra prezzi tra una compagnia petrolifera
e l’altra, ma si determina un’effettiva concorrenza reale e leale con la certezza che tutti i gestori
abbiano lo stesso prezzo d’acquisto e non ci sono disparità di trattamento all’interno dello stesso
marchio come oggi succede.
Auspico che il Governo Meloni, dopo aver chiarito pubblicamente che i gestori sono tutti
onesti, e non esiste nessuna speculazione da parte loro, riveda il decreto e prenda spunto da
quanto sopra esposto.
Tutto ciò a tutela dei consumatori e degli attori del comparto.
Cagliari – Roma, 12/01/2023

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